Francesco Motta verso il fine Tour al Monk di Roma

'Se continuiamo a correre, la polvere negli occhi', con questo brano comincia il concerto romano di Francesco Motta sabato 18 marzo al Monk, in fine Tour de 'La Fine dei Vent'anni'.

Come se andare di fretta, per stare al passo col mondo e con i suoi tempi antiumani, ci costringesse a subire le continue pressioni di una società in via di sfacelo, quello dell'apparire più che dell'essere, i limiti che non si riesce a spostare: rischiamo di diventare ciechi, di non vedere più il resto che ci circonda, diventare insensibili all'incontro con gli altri, con noi stessi: 'mi suonano alla porta, non trovo la mia faccia'.

Polistrumentista pisano, Francesco Motta è tra i fondatori nel 2006 dei Criminal Jokers, band dalle tinte post-industrial/grunge/new wave, di cui ci ha eseguito il brano Fango sabato sera. Ha lasciato il gruppo per dedicarsi completamente al suo disco solista, a cui saggiamente ha dedicato quattro anni, prima di farlo uscire il 18 marzo 2016, album dal titolo 'La Fine dei Vent'anni'.

Il sound di Francesco Motta è tribale, erotico, viscerale, la sua voce profonda è ribelle, è come un mantra che ci spinge nei meandri della nostra psiche e la stravolge. Ad ogni singolo rullo di tamburo avviene come un tonfo che ci spinge contro le pareti del nostro dolore interiore, del nostro inconscio, il nostro individualismo, per tramortirlo, scardinarlo e trasfigurarlo.

La fine dei vent'anni è un album prodotto da Riccardo Senigallia, che collabora nella stesura di alcuni brani dell'album con Motta, tra cui ricordiamo 'Sei Bella Davvero', canzone d'amore e politica, dedicata ad un transessuale, nei cui suoni si riconosce la chiara impronta del cantautore romano.

Questo album è un lavoro autobiografico, dove forte è la componente emozionale e politica, in 'Mio Padre era Comunista' e in 'Una Maternità' ascoltiamo raccontare gli equilibri familiari, in 'Roma Stasera' sentiamo la passione e l'amore che lega l'autore alla Caput Mundi, città in cui vive da qualche anno, ma al contempo rivendica una frustrazione che la stessa regala per alcuni elementi di provincialità e limiti insiti alla sua storia e alle cattive abitudini di alcuni suoi abitanti.

E' la carica della sua musica, la direzione verso quel cambiamento...l'intenzione e il desiderio tenuti nascosti quasi anche a sé stesso, nel tendere verso la costruzione della felicità, che ci dona un equilibrio su cui lavorare continuamente per mantenerlo, perché c' 'è la paura di invecchiare, di perdere i capelli e di dovere stare bene' - 'Prima o poi ci passerà'.

A tratti viene fuori da questo album, quasi il riflesso di un vivere disilluso generalizzato, di una persona che alla soglia dei trent'anni fa un pò i conti con sé stesso, e ha un pò paura di affrontare ciò che lo aspetta, ma allo stesso tempo si mette in gioco e ci dona parti di sé, nei disparati giochi ripetitivi delle sue ritmiche dense e ipnotiche.

Nell'energia musicale che fonda le basi di questa opera prima a mio parere travolgente, c'è la voglia di risorgere. Come se la distruzione fosse la via per la liberazione di qualcosa di fortemente vitale dentro di sé: 'distruggere tutto per il gusto di farlo, cambiare finestra, cambiare nemici per un nuovo risveglio' - 'Una maternità'.

Momenti aulici in cui musica e testi si legano in un voluttuoso scambio simbiotico ce ne sono tanti, ma soffermarsi su 'senza vincere niente, senza partecipare, rincorriamo le note e torniamo a dormire, e le mani più grandi di bisogni dispersi, dentro cassetti vuoti milioni di versi' - 'Del Tempo che passa la felicità', ci può dare un'idea del perché si è parlato tanto e ancora si parla di questo splendido album, oltre alle capacità e potenzialità compositive di Francesco Motta.

La Fine dei Vent'anni ha vinto la prestigiosa Targa Tenco come migliore Opera Prima e il Premio Pimi Speciale 2016 al MEI, come artista indipendente dell'anno.

Nonostante le incursioni dei vari plugins ed effetti sonori creati al computer, la musica di Motta resta sanguigna, rock, tagliente, vera e ci spinge a ballare, come fosse necessario riappropriarsi del contatto col nostro corpo ed i suoi movimenti, le sue segrete convinzioni e desideri, pulsioni, delusioni, senza filtri, quanto mai necessaria, perché autentica.

Importanti diventano i nostri sogni e bisogni di riconquistare la connessione con la Terra, vivere le nostre emozioni e accompagnarle nel cambiamento, utilizzando il digitale come un arricchimento della musica cruda, quella fatta con gli strumenti veri.

Sogni che ci hanno fatto rivivere anche i dj Gianluca Polverari e Giovanni Cerro di Radio Città Aperta, con molte bellissime hit rock e dintorni, prima e dopo il concerto di Francesco Motta.

Durante la serata, nel salotto del Monk, è stata presentata la redazione della storica radio, il RCA Lab e la sua nuova app, che insieme al Magazine online Contropiano.org, si prefiggono di creare un polo editoriale che faccia da riferimento mediatico, musicale e culturale a livello nazionale.

Infine, da nominare i talentuosi musicisti che hanno accompagnato Francesco nel suo Tour, e che hanno reso ricco, intenso e molto potente il concerto di sabato sera: Cesare Petulicchio alla batteria (Bud Spencer Blues Explosion), Federico Camici al basso (in alcune date Laura Arzilli), Leonardo Milani al synth/tastiera/pianoforte, Giorgio Maria Condemi alla chitarra.

Uno dei migliori album del 2016, sicuramente uno dei miei preferiti.

Beeyourconcert, Beeyourmusic, Beeyourself!

Lady Bee